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OSSERVARE OGNI FORMA DI VITA CONSIDERANDOLA PARTE DI UN PROCESSO CHE UNISCE TUTTE LE COSE.

La Disputa del Sacramento, che viene anche chiamato Trionfo della Chiesa, è uno dei tre affreschi parietali che furono commissionati da Papa Giulio II Della Rovere per decorare la Stanza della Segnatura nei palazzi del Vaticano. La stanza ha questo nome perché lì venivano abitualmente firmati i documenti più importanti della vita amministrativa e politica dello Stato Pontificio. La Disputa del Sacramento illustra il tema della teologia.

 

La Disputa del Sacramento, Raffaello Sanzio, 1508, Roma, Musei Vaticani

L'affresco si inscrive in una parete di forma semicircolare. Raffaello parte da questo dato preesistente e sviluppa la composizione secondo un ritmo di linee curve concave che contrastano con linee curve convesse. Come Mondrian, anche Raffaello sapeva bene che una superficie dipinta acquista energia vitale dalla giustapposizione e dall’incontro di forze contrarie. Tale contrasto genera tensioni compositive che contribuiscono a conferire vitalità alla scena rappresentata.

 

Nella parte bassa dell'affresco vediamo un gruppo di figure che sembrano irrompere sulla scena e distribuirsi animatamente intorno ad un altare. Presumibilmente, esse discutono di questioni teologiche e sembra che ognuno abbia una certa idea da far valere. In quel gruppo si riconoscono alcuni personaggi del tempo fra i quali Beato Angelico, Bramante, Francesco Maria della Rovere, Papa Giulio II, Girolamo Savonarola. La zona mediana raffigura invece uno spazio immaginario o metafisico dove, seduti in cielo stanno dei santi e dei profeti della storia cristiana, vale a dire, un tramite fra gli uomini e la divinità. Si notano, fra gli altri, S.Pietro, S.Giovanni Evangelista, Abramo, S.Paolo.

Il mutevole assembramento di personaggi terreni si ordina in dodici figure più significative per la Chiesa (santi e profeti); si sintetizza verso il centro nelle tre figure più emblematiche (la Madonna, Cristo e S. Giovanni Battista) e raggiunge infine l’unità nel punto più alto con la figura di Dio. Da uno scomposto gruppo di figure terrene si passa ad un moto semicircolare più uniforme (santi e profeti) da cui si genera un semicerchio più stabile (Cristo) che diventa infine una sfera nella mano di Dio. In questo modo il pittore evoca una progressione dal basso verso l'alto: da uno spazio aperto che in terra si sparpaglia in senso orizzontale verso uno spazio che, sviluppandosi in verticale, si concentra in sintesi evocando unità.

 
 

Broadway Boogie Woogie, 1942-43, Olio su Tela, cm 127 x 127

 

 

Broadway Boogie Woogie è l'ultima opera completata da Mondrian nel 1943 e costituisce la sintesi di tutto il suo lavoro precedente.
Il dipinto presenta un insieme di rette orizzontali e verticali scandite da una molteplicità di piccole entità di colore giallo, rosso e blu che progressivamente
si concentrano in un'unità di quei tre colori. Come l'affresco di Raffaello anche la tela di Mondrian presenta una progressione che dal molteplice conduce verso l'uno.
Esamineremo tale processo in questa pagina per poi tornare a confrontare l'opera moderna con l'affresco antico.

 
 

 

UNITÀ DI TUTTE LE COSE: In modo completamente diverso vediamo sia nell'affresco Cinquecentesco e sia nel dipinto moderno una progressione dal molteplice verso l'uno.
Da un’immagine che ci presenta l'Uno in forma maestosa e regale giungiamo ad un’immagine che presenta l'Uno per mezzo di linee perpendicolari e colori primari.

Poiché si esprime in forma astratta, l'immagine moderna non presenta più solo una ristretta cerchia di personaggi umani ma si apre idealmente a tutte le forme viventi.

UNITÀ CALATA DALL'ALTO ED UNITÀ CHE NASCE DAL BASSO: dalle rette ai piccoli quadratini ed alle superfici più estese Broadway Boogie Woogie mostra una progressiva interiorizzazione dello spazio attraverso la quale si genera l'unità. Ciò equivale a dire che l'Uno non si impone dall'alto dei cieli ma nasce nello spazio della coscienza come risultante di una continua interazione fra mondo esterno e mondo interiore.

UNITÀ STATICA ED UNITÀ DINAMICA : L'unità che vediamo nel Broadway Boogie Woogie non è un ente immobile, dato a priori una volta per tutte, bensì frutto di un processo dinamico che concilia pulsioni opposte equilibrandole; una condizione di equilibrio che, una volta raggiunta, si può anche perdere. Un'unità che bisogna sempre riguadagnare con l'agire quotidiano.

MATERIA E SPIRITO: Scrive Piet Mondrian:"Attraverso l’interiorizzazione di ciò che viene inteso come materia e l’esteriorizzazione di ciò che s’intende come spirito – fin qui troppo separati! – materia-spirito diventano un’unità." Lo spirituale sarebbe dunque un modo d'essere, il più complesso e raffinato, dell'energia-materia. Quando si parla di questioni spirituali si preferisce dire energia piuttosto che materia perché al termine energia si associa un ente vivo ed attivo mentre la materia evoca ancora qualche cosa d’inerme.

Approfondiamo ora i quattro punti qui sopra elencati.

 

UNITÀ DI TUTTE LE COSE

Nel dipinto moderno non vi è più traccia di altari, uomini illustri, papi e santi. Non vediamo più angeli, né l'immagine del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L'unità che vediamo generarsi nel dipinto del 1943 - una superficie gialla, rossa e blu - sarebbe dunque una moderna interpretazione dell'idea di Dio che vediamo nell'affresco del 1508?
Ne La Disputa tutto riconduce all’uomo, anzi, solo ad alcuni uomini, come se il rapporto con Dio riguardasse solo una certa élite del genere umano. Sulla parte sinistra si nota un timido e sparuto brano di natura con qualche albero; il cielo intero è assoggettato all’ordine dei Santi, dei Profeti, del Cristo e di un Dio anch'egli dalle sembianze umane.

"Bisogna dare un'immagine consapevole della natura, sino ad ora abbiamo considerato solo l'immagine dell'uomo" diceva Cézanne alla fine dell’Ottocento.

Dare un immagine consapevole della natura significa ampliare lo sguardo e contemplare l’infinita varietà del mondo di cui la specie umana è solo una fra le innumerevoli componenti.

 

Il Paradiso Terrestre, Peter Wenzel, Acquistato nel 1831, Pinacoteca Vaticana, Roma

Un dipinto del pittore austriaco Peter Wenzel (1745-1829) mostra un tentativo di rendere conto della grande varietà di creature presenti in natura.
Ovviamente, nessun dipinto potrà mai rappresentare l'infinita molteplicità della natura; molteplicità di cui la scienza ed i mezzi di comunicazione ci rendono oggi consapevoli.
Come poter evocare in un dipinto la miriade di cose diverse esistenti al mondo se non astraendo dalla forma apparente di ogni singola cosa?

“C'è un disegno comune a tutte le cose, le piante, gli alberi, gli animali, gli uomini, ed è con questo disegno che si deve essere in consonanza" (Henri Matisse).

Il "disegno comune" di cui parla Matisse è ciò che lega ed unisce tutte le cose malgrado la loro apparente diversità. Come "disegnare" una simile idea?

Cézanne suggeriva di ricondurre la varietà che vediamo in natura a delle forme costanti quali il cono, il cilindro e la sfera.
Mondrian trova nel rapporto perpendicolare un modo per esprimere un disegno comune.
"La posizione ortogonale esprime plasticamente l'immutabile; il ritmo della composizione esprime il relativo." (Mondrian).
Esprimere il molteplice con la più ampia variazione di una stessa cosa (il rapporto perpendicolare) consente di ricondurre il mutevole a qualche cosa di più costante.
Variando all'infinito la relazione fra orizzontali e verticali ed incrementando tale varietà con la continua alternanza dei tre colori primari, la pittura può evocare la molteplicità presente in natura senza perdersi in essa. Ogni forma (leggermente più orizzontale o verticale, ora di un colore ed ora di un altro) evoca infatti la più ampia diversità ma tutte le forme condividono una stessa intima natura (il rapporto perpendicolare). Anche in natura ogni forma vivente è diversa dalle altre ma tutte condividono delle stesse proprietà di base.

Come si diceva, la molteplicità che prende forma astratta nel Broadway Boogie Woogie può valere per tutte le forme viventi e non più solo per una élite di personaggi umani raccolti intorno ad un altare. "Quanto ai dettagli, il pittore non deve più preoccuparsene. C’è la fotografia per rendere cento volte meglio e più rapidamente la moltitudine dei particolari." (Henri Matisse) Da questo punto di vista il dipinto moderno ci presenta una nuova e più attuale idea di totalità, vale a dire, di ciò che noi siamo soliti chiamare Dio.

Friedrich Von Schiller diceva che "La natura è Dio diviso all'infinito."

Se "la natura è un infinito Dio diviso", la molteplicità che vediamo in Broadway Boogie Woogie, molteplicità che con le rette si estende virtualmente all'infinito, sarebbe il Dio diviso mentre il processo di interiorizzazione che progressivamente unisce quella molteplicità in sintesi rappresenta la nostra idea di Dio. Un Dio che non è più solo uomo.
La sola ragione per la quale potrebbe sembrare lecito rappresentare Dio in forma umana potrebbe derivare dal fatto che Dio è un postulato della mente umana ma qui entriamo in argomentazioni puramente teologiche che io non oso affrontare.

Il tema dell'uno e del molteplice non riguarda solo la teologia, la filosofia e le scienze ma anche la nostra comune esperienza di vita quotidiana. Noi ci confrontiamo quotidianamente con relazioni fra uno e molteplice quando con l’osservazione e con l’analisi approfondiamo e poi, sommersi da un mare di dettagli, cerchiamo di riportare tutto sotto controllo operando delle sintesi. Non si tratta, peraltro, solo di un fatto intellettuale: spesso noi sperimentiamo una spinta verso la concentrazione quando alle spiegazioni razionali subentra un moto del cuore che trasforma la frammentazione di una rappresentazione pensata nella sintesi quasi assoluta di una visione sentita. 

Unità di tutte le cose, ma già ogni singola cosa è formata da una molteplicità di parti che noi percepiamo come unità.
La parola "individuo" con cui noi definiamo una persona significa "non divisibile", vale a dire, uno ma noi sappiamo che ogni individuo è formato da una miriade di parti diverse.
Se noi osserviamo un albero da lontano, esso ci appare come un punto verde. Avvicinandoci, l'albero svela una crescente quantità di dettagli, fino a raggiungere un enorme complessità quando noi contempliamo ogni singola foglia che, a guardar bene, svela un piccolo universo. L’albero, che si presentava come una sintetica macchia verde, appare ora come una realtà infinita. Allontanandoci dall'albero, la molteplicità nella quale ci eravamo immersi torna ad apparire come un sintetico punto verde.
Ogni cosa è al tempo stesso una e molteplice secondo il rapporto di posizione ed il livello di percezione che noi, di volta in volta, instauriamo con le cose.
Come rappresentare in pittura la molteplicità infinita racchiusa in ogni singola cosa ed allo stesso tempo l'incommensurabile insieme di tutte le cose? Come se non astraendo dall'aspetto contingente e particolare di ogni singola cosa?

 
 

 

UNITÀ CALATA DALL'ALTO ED UNITÀ CHE NASCE DAL BASSO

Nell'affresco antico una scena reale fatta di persone concrete si trasforma in una scena immaginari; uno spazio fisico reale diventa uno spazio metafisico, evocazione di un mondo spirituale, che innalzandosi in senso verticale, raggiunge l'unità divina. Anche nel Broadway Boogie Woogie l'unità nasce da un'interazione fra orizzontali e verticali ma tutto resta su di un unico piano. Nel dipinto moderno non c'è alcuna dicotomia tra molteplice ed uno, tra quotidiano ed eterno, fisico e metafisico.

L'affresco antico evoca una dimensione spirituale che dall’alto dei cieli governa le coscienze. Dal molteplice insieme di quadratini fino alla sintesi unitaria il dipinto moderno mostra una progressiva interiorizzazione dello spazio e ciò esorta a pensare l’Uno non come un ente esterno, fissato a priori ed una volta per tutte, ma come un percorso dialettico fra pulsioni opposte, fra realtà esteriore e realtà interiore attraverso cui sia possibile raggiungere un certo equilibrio con sé stessi e con il mondo. Poiché si esprime in forma astratta la sintesi evocata nel dipinto moderno è unità di tutte le cose ma anche, simultaneamente, unità della coscienza individuale rispetto a tutte le cose.

Per l’artista moderno l'unità non è verità rivelata una volta per tutte in qualche luogo celeste di cui alcuni uomini si proclamano interpreti, bensì il risultato di una costante ricerca.
Dio si trova strada facendo, provando e riprovando per una vita intera. La grazia non è qualche cosa che discende dall’alto per intermediazione di santi o profeti, bensì frutto dell’agire di ogni singolo uomo quando la sua azione individuale si trova in sintonia con le ragioni universali presenti in lui e fuori di lui. Il paradiso non è un luogo privilegiato da raggiungere stabilmente in una seconda vita ma una condizione di equilibrio dinamico che inizia qui ed ora. Tante volte, durante un’esistenza si può raggiungere il paradiso e tante volte ci si può ritrovare in un inferno; ciò che Mondrian chiamava il tragico; quando c’è squilibrio fra gli opposti e la dualità (diabolus) (dal greco dia = attraverso e ballo = metto: mettere in mezzo, separare, creare fratture) lacera l'integrità della coscienza e l'unità rifluisce in una contraddittoria molteplicità. Proprio ciò che mostra Broadway Boogie Woogie con la superficie unitaria che si riapre al molteplice.

"La vita eterna è il tema principale della teologia. Questo la teologia deve fare: educare gli uomini a entrare nella dimensione dell'eterno già qui e ora, perché l'eternità non è dopo, alla fine, dillà: e ora ed è qui. La escatologia non riguarda il tempo esteriore, l'attesa di un improbabile ritorno del Cristo e nuvole del cielo. Essa concerne il nostro tempo interiore, l'intima dimensione dell'anima." (Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, p. 48)

L'unità che vediamo in Broadway Boogie Woogie evoca dunque un'ideale unità di tutte le creature e, nel contempo, essa evoca integrità ed unità della propria coscienza.
Nasce a questo punto spontanea la domanda a cui, io tuttavia non saprei dare una risposta: quanto ci può essere di individuale e frutto della propria coscienza nella contemplazione del divino e quanto invece necessita di regole e rituali condivisi e quindi di una specifica dottrina a cui attenersi? Il pensiero di Vito Mancuso e soprattutto il suo saggio Obbedienza e libertà possono aiutare a trovare delle risposte.

 
 

 

UNITÀ STATICA ED UNITÀ DINAMICA

L'affresco del 1508 ci presenta l'Uno come somma stabile e definitiva di tutte le cose. L'ostensorio sull'altare è il simbolo terreno di una permanente unità che sta in cielo.
Broadway Boogie Woogie
presenta l'Uno come risultante di un processo di aggregazione, crescita e durata che, tuttavia, può tornare a disgregarsi e rifluire in un mare di contraddizioni (orizzontali contro verticali). La contraddizione genera dubbi e domande i quali chiamano necessariamente in causa la fede. La contraddizione, più di una cieca credenza nei dogmi, può giocare un ruolo fondamentale per rendere più vera ed autentica la fede. "Pro veritate adversa diligere" ha detto il Cardinale Martini.
"Ci sono due tipi di verità: le verità semplici, dove gli opposti sono chiaramente assurdi, e le verità profonde, riconoscibili dal fatto che l'opposto è a sua volta una profonda verità." (Niels Bohr) . "Nulla al mondo è pensabile per se stesso, ma è invece giudicato attraverso il confronto con il suo contrario." (Piet Mondrian)
Nella ricerca della verità occorre tener conto di ragioni diverse ed opposte alle proprie.

L'Uno si manifesta nel Broadway Boogie Woogie e poi rifluisce nel molteplice per riformularsi infinite volte nel tentativo di cogliere un tutto che non si raggiungerà mai.
L'Uno si formula infinite volte anche e soprattutto per cogliere, di volta in volta, una relazione armoniosa che sia frutto del contesto particolare. Cambiando il contesto, cambia anche la forma dell'Uno. Ciò è sicuramente vero in termini visivi riferiti ad un dipinto. Può essere vero anche in termini esistenziali e spirituali?
"Occorre giungere a una concezione non dottrinale e statica, ma fisica e dinamica di verità." (Vito Mancuso, Obbedienza e libertà, p. 157)
Penso alle tante situazioni di vita che non trovano ancora un'adeguata considerazione da parte delle dottrine religiose ufficiali anche se l'attuale Pontefice Francesco ha iniziato a rivedere certe posizioni consolidate. Ogni situazione di vita avrebbe bisogno di una particolare considerazione. Non esistono regole certe che possano valere sempre, comunque e per tutti. Ciò significa alleggerire la spiritualità del peso di una dottrina morale. È tuttavia pur vero che le regole debbano sempre valere ed allora la questione si pone come relazione fra ciò che può cambiare e ciò che deve permanere, fra dinamico e statico, fra particolare ed universale.

Si diceva che se cambia il contesto dovrebbe cambiare anche la forma dell'Uno. Può essere vero anche in termini teologici? Dire che l'Uno cambia secondo il contesto in cui si genera può mettere in crisi l'idea stessa di unità che, per definizione, è immutabile? Con tutta la prudenza necessaria, torneremo su questo aspetto nella prossima pagina.

Qui desidero solo evidenziare la natura dinamica dell'unità che si osserva nel Broadway Boogie Woogie in confronto all'unità statica che vediamo ne La Disputa del Sacramento.
Secondo le regole della prospettiva, nell'affresco antico tutto converge verso il punto di fuga, un punto fermo che unisce in sé la scena terrestre e che coincide con l'ostensorio posto sull'altare, simbolo di centrale ed inamovibile verità della dottrina. Nel dipinto moderno lo spazio converge verso un'unità che costituisce un punto fermo di natura dinamica poiché frutto di una mutevole relazione fra rette opposte. Una relazione soggetta a cambiare nel tempo la cui sostanza, tuttavia, - si badi bene - resta comunque inalterata: giallo, rosso, blu armoniosamente integrati in modo diverso dove armonia sta per equilibrio, giustizia e dunque verità.

"Il punto fermo di tipo dinamico fa della vita una continua interpretazione, ma con un coerente criterio interpretativo." (Vito Mancuso, La vita autentica, p. 169)

Quale può essere un "criterio interpretativo" per il pittore? "La posizione ortogonale esprime plasticamente l'immutabile; il ritmo della composizione esprime il relativo." (Mondrian)
L'artista evoca l'immutabile con il principio costante del rapporto ortogonale il quale consente di generare la più ampia pluralità di situazioni mantenendo comunque ben saldo il principio generatore di tutta quella molteplicità.

"La vita appare così in una prospettiva che le dà stabilità ma non la immobilizza, che le permette di muoversi ma seguendo una direzione." (Vito Mancuso, La vita autentica, p. 169)

Ogni entità nel Broadway Boogie Woogie è diversa dalle altre ma tutte rispondono ad una stessa logica universale (il rapporto perpendicolare).
Cambiano le situazioni ma la più intima struttura permane. Ed è sempre in base a tale intima struttura che si generano le diverse versioni dell'Uno.

 

MATERIA E SPIRITO

“Nei secoli passati per designare la realtà fondamentale il pensiero ha fatto uso del termine essere. Oggi la fisica ci insegna che occorre utilizzare un altro termine per la realtà fondamentale: energia.” (Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, p. 11)

Mondrian: “La linea retta è l’espressione plastica della massima velocità, della massima energia e conduce perciò all’abolizione del tempo e dello spazio”.

Le rette perpendicolari attraverso cui Mondrian elabora le sue composizioni non sono entità geometriche apposte sulla tela in modo statico, bensì tracce visibili di energia che attraversa lo spazio della tela continuando virtualmente all'infinito. Le rette sono segnali di energia primordiale che dà origine alla materia di cui tutte le cose del mondo sono fatte; dalle più semplici fino alle più complesse.

Mancuso prosegue dicendo che "l'energia genera un lavoro... (...) Energia, infatti, è un termine greco (energheia) che significa precisamente «al lavoro», «in azione», «in atto», en-ergon.” (Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, p. 12)

L'unità del Broadway Boogie Woogie scaturisce dall'energia (le rette) che genera la materia (i quadratini) la quale si ordina (le sequenze simmetriche) e cresce verso strutture più stabili (le superfici) fino alla superficie unitaria che presenta il massimo grado di interiorizzazione dello spazio esterno. In tale processo vediamo l'energia primordiale raggiungere una dimensione spirituale. Nel dipinto moderno non c'è alcuna dicotomia tra fisico e metafisico, materiale e spirituale. "Non c'è alcun disegno intelligente che cala dall'alto. C'è però un disegno, divenuto sempre più intelligente fino a produrre la stessa realtà dell'intelligenza, che si è faticosamente formato dal basso." (Vito Mancuso, L'anima e il suo destino, p. 14). Dal basso, vale a dire, dall'energia primordiale (le rette) verso la materia (quadratini) che cresce (superfici) interiorizzandosi (superficie unitaria).

Mondrian ha scritto: "Attraverso l’interiorizzazione di ciò che viene inteso come materia e l’esteriorizzazione di ciò che s’intende come spirito – fin qui troppo separati! – materia-spirito diventano un’unità."

Quando diciamo spirito, pensiamo a cose sacre e misteriose ed è pur vero che sono tante le cose che la mente umana non si spiega. Ciononostante, dire che lo spirito sia un modo d’essere dell’energia-materia non significa affatto ridurre od annullare l'imponderabile della sfera spirituale. Significa, più semplicemente, mettere i fenomeni visibili e quelli invisibili su di uno stesso piano; capire che i “pieni” dipendono dai “vuoti”. In Broadway Boogie Woogie il colore bianco suggerisce il "vuoto" e l'invisibile. Significa contemplare uno spettro di realtà che i nostri sensi non riescono a cogliere ma che non per questo sono meno reali. Significa considerare l’imponderabile come una naturale prosecuzione del comprensibile e dunque, in sostanza, significa ricollegarsi al tutto e, quindi, a ciò che chiamiamo Dio.

Broadway Boogie Woogie dimostra che si può parlare di questioni universali senza più vincolarsi a verità assolute ed eterne. Universale non è più necessariamente sinonimo di dogma come qualcuno, privo di fantasia, ancora sostiene.

Scopo di queste riflessioni non è certo quello di affrontare temi di natura teologica che non sono alla portata di chi scrive, ma piuttosto quello di dimostrare che un certo modo d'intendere la pittura possa recuperare all'arte una visione universale che si credeva fosse andata perduta nel corso del Novecento.

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